

Ecco, nel dettaglio, cosa prevede la normativa:
| Entro 3 miglia dalla costa | 6, 12 e 50 miglia dalla costa | Oltre le 50 miglia |
| 1 boetta fumogena | 2 boette fumogene | 2 boette fumogene |
| 2 fuochi a mano a luce rossa | 2 fuochi a mano | 3 fuochi a mano |
| 2 razzi a paracadute a luce rossa | 3 razzi a paracadute |
Tutti questi segnali hanno una validità limitata, solitamente 42 mesi e una volta scaduti devono essere sostituiti e smaltiti secondo precise normative. Proprio lo smaltimento rappresenta uno degli aspetti più critici e meno chiari per chi naviga.
Una volta scaduti, i razzi nautici dovrebbero essere riconsegnati al rivenditore. Quest’ultimo, a sua volta, dovrebbe stoccarli in un deposito autorizzato, in attesa che il produttore o l’importatore li ritiri per il successivo smaltimento, effettuato in sicurezza tramite brillamento. Fin qui tutto bene. Nella pratica, però, quasi nessuno segue questa procedura.
Le Capitanerie di Porto spesso non forniscono indicazioni operative chiare, e i rivenditori, comprensibilmente, non sono attrezzati né autorizzati per conservare materiale esplosivo. Il risultato? I diportisti si trovano con razzi nuovi e vecchi a bordo contemporaneamente, senza sapere dove mettere quelli scaduti ciò rappresenta non solo un problema logistico ma anche un rischio per la sicurezza.
La componente principale di un razzo nautico è la polvere nera, un antico composto pirotecnico a base di salnitro, zolfo e carbone. Con il tempo, questa miscela perde stabilità, e le reazioni chimiche che innescano la deflagrazione possono diventare imprevedibili. Conservare razzi scaduti a bordo o in casa può esporre a seri rischi, anche senza un utilizzo diretto.
Esiste, tuttavia, una procedura empirica che alcuni diportisti adottano per neutralizzare i razzi. Se, ad esempio, il corpo del razzo è in plastica o cartoncino, è possibile aprirlo, immergere le polveri in acqua e lasciarle a bagno per almeno quattro giorni. In questo modo, il materiale perde le sue proprietà esplosive. Questa pratica presenta alcune criticità: oltre a non essere normata, lascia irrisolto il problema del residuo chimico, per il quale non esiste un canale di smaltimento ufficiale.
Una soluzione al problema trattato viene dal panorama tecnologico. I razzi di segnalazione elettronici, oggi già disponibili sul mercato, offrono un’alternativa concreta, sicura e sostenibile. Non essendo classificati come esplosivi, non richiedono smaltimento speciale e possono essere riutilizzati o ricaricati, a seconda del modello. Al posto dell’accensione tramite combustione esplosiva, utilizzano luci LED ad alta intensità, visibili fino a 5 o 7 miglia nautiche. Per quanto riguarda la durata mentre un razzo tradizionale si consuma in pochi secondi, un razzo elettronico può restare attivo anche per 20 ore consecutive.
Al momento, però, non sostituiscono le dotazioni obbligatorie previste dalla normativa, ma possono essere portati a bordo come dotazione aggiuntiva. Sempre più diportisti, attenti alla sicurezza e all’ambiente, scelgono di affiancarli ai segnali pirotecnici tradizionali.
Il problema dei razzi nautici scaduti è concreto e urgente, ma spesso sottovalutato, anche a causa di una normativa presente ma priva di strumenti pratici e realmente accessibili per i diportisti. In questo contesto, i razzi elettronici si impongono come un'alternativa evoluta e sostenibile: più sicuri, con una durata maggiore e senza le complessità legate allo smaltimento pirotecnico. In attesa di un aggiornamento normativo che renda le nuove tecnologie parte integrante dell'equipaggiamento obbligatorio, la scelta più responsabile è integrare queste soluzioni innovative a quelle previste per legge, tutelando sia la sicurezza in mare che l’ambiente.
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