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Gli effetti di flora e fauna sulla carena della tua barca. Quali sono e come rimediare.



L’acqua è vita e la vita viene dall’acqua.

Una ricerca del dott. Liittschwager pubblicata su National Geographic, ha fotografato, ingrandendo 25 volte una goccia di acqua di mare e ha mostrato e catalogato il contenuto. Sono stati rilevati:
  1. Larve di granchio
  2. Cianobatteri: organismi unicellulari chiamati anche «alghe azzurre». Li si trova da soli oppure in colonie filamentose.
  3. Diatomee: un gruppo di alghe unicellulari molto antiche che abitano gli ambienti umidi o acquatici. Tra le altre cose, producono un quarto dell’ossigeno che respiriamo.
  4. Copepodi: piccoli crostacei che raramente superano 1-2 mm. Sono la più grande risorsa proteica negli oceani.
  5. Chetognati: piccoli animali trasparenti, in genere lunghi sui 2 cm (anche se possono arrivare a 12 cm).
  6. Uova di pesce.
  7. Vermi di mare: come suggerisce l’aspetto appariscente, il contatto con le sue setole può dare dolorose irritazioni.
(Fonte: Liittschwager.com)

Ovvio che non vedendole ad occhio nudo nessuno di noi fa caso a questo universo microscopico, ma l’acqua di mare pullula di vita, dalle diatomee alle grandi balene.

Adesso ogni volta che ingoierete un sorso di acqua di mare sapete cosa ingoiate (…)

Gli effetti sulla carena della nostra barca

Appurato quindi che ci sono miliardi di piccoli esseri che vivono, si moltiplicano e muoiono intorno a noi, mentre ci facciamo il bagno, oltre a ricordarci di non inquinare MAI se non vogliamo essere i boia di questi esseri che sono alla base della catena alimentare, sicuramente ci chiederemo dove vivono.

Anche loro, come tutte le creature, hanno bisogno di una casa e, oltre a colonizzare il fondo marino, trovano un facile appiglio per le loro dimore, sulla nostra carena.

Se ad essi aggiungiamo i cirripedi, le patelle, le cozze, i denti di cane, le alghe e le mucillagini nelle quali si rifugiano le creaturine menzionate poc’anzi, ecco che la nostra carena, se non opportunamente protetta o se è abbandonata, diventa in breve tempo come uno scoglio.

Se poi, a questa vita pullulante aggiungiamo il fattore immobilità, il gioco è fatto. Infatti, salvo poche eccezioni, le barche stazionano quasi sempre nei porti e le uscite sono nel week end o il mese di ferie.

Come difendersi dall’inevitabile attacco delle incrostazioni di carena (fouling)?

Ragioniamo intanto come se avessimo una barca usata, una barca che ha già avuto i suoi cicli di carenaggio.

Come muoversi?
  1. Alare la barca ovvio. Appoggiarla su apposito invaso (attenzione ai carichi che possono deformare o rompere la vetroresina)
  2. Passare prima un raschietto a mano sulle incrostazioni più grosse, successivamente un’idropulitrice con acqua calda. Questa operazione va fatta immediatamente dopo l’alaggio (entro poche ore) per non permettere agli organismi che la popolano di richiudersi nei propri gusci e diventare durissimi.
  3. Inevitabilmente l’idropulitrice porterà via un po’ di antivegetativa. Meglio. Tanto si sarebbe sfogliata da sola non essendosi aggrappata bene sul fondo.
  4. Decidere se portare la carena a zero (al gel coat per intenderci) usando levigatrici con carte a grana decrescente oppure, usando sempre carte vetrate, uniformare la carena con i residui di antivegetativa rimasta (portare la carena a zero non è obbligatorio e non sempre necessario ed inoltre potrebbe risultare una lavorazione lunga e complessa).
  5. Pulire i residui rimasti usando anche un compressore ed in base alla scelta fatta precedentemente le soluzioni possono essere due:
    • Se carena a zero occorre fare ciclo con due mani di primer bicomponente, una mano di primer monocomponente e si consigliano per chiudere, sempre due mani di vernice antivegetativa.
    • Se presente ancora vecchia antivegetativa e si è a conoscenza di quella precedentemente data si può procedere direttamente a verniciare la carena, invece se non si è a conoscenza di quale antivegetativa è stata data precedentemente occorre procedere con almeno una mano di primer e sempre sono consigliate due mani di antivegetativa.
Le operazioni come vedete sono abbastanza intuitive e semplici.

Posso fare da solo?

La risposta è sì, sicuramente non è un lavoro tecnicamente complesso, occorre manualità, buona volontà ed olio di gomito. Occorrerà munirsi di tutta l’attrezzatura per procedere al lavoro.

Potete trovare sullo store dei kit pitture completi e a prezzi davvero vantaggiosi!

Una volta presa la decisione di procedere, dovrete solo scegliere quale soluzione percorrere e quindi la tipologia di prodotti, primer e antivegetativa, acquistare i più adatti alle vostre esigenze, alla vostra carena e all’uso che ne farete.

Esistono infatti antivegetative a matrice dura per barche veloci o alate frequentemente che non si consumano con l’uso ma esauriscono il biocida (il veleno, in genere ossido di rame) e antivegetative autoleviganti autopulenti, idrosolubili o ablative, che affiancano all'azione chimica, un'azione meccanica. Queste pitture sono progettate per consumarsi durante l’uso e offrire agli organismi colonizzatori una superficie tossica sempre fresca. Ovvio a fine stagione sono consumate e vanno ripristinate.

È più semplice la rimozione di una auto levigante esaurita che non una a matrice dura, ma entrambi i lavori possono essere fatti in autonomia. Date un’occhiata al nostro magazzino sempre fornito di antivegetative e dove troverete diverse soluzioni e diversi marchi trattati tra cui Hempel, Aemme, Colori Baseggio, Marlin, Veneziani ed International.

Seguite sempre i consigli del commerciante e verificate le istruzioni riportate sulla scheda tecnica se non volete buttare i soldi e ricordatevi che in genere, soprattutto in barca, chi più spende, meno spende.


Marco Scanu, diplomato al nautico, conduttore imbarcazioni, si occupa di comunicazione soprattutto in campo nautico.

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